2020 Anno del turismo nei Borghi?

Parliamo di borghi: sono una scommessa per ricominciare, perché?

Oggi le sensibilità di chi si appresta a viaggiare sono cambiate, e il tema della sostenibilità è molto più sentito di prima, assieme al bisogno di ambienti naturali, di sicurezza e di luoghi senza ressa. I borghi e i piccoli centri sono la proposta più coerente rispetto a questa domanda. Dunque potrebbe essere davvero l’anno dei borghi, ad alcune condizioni però: nei borghi c’è molto da fare, chi vive nei paesi sa bene che, oltre ai punti di forza, ci sono spesso anche molti punti di debolezza (accessibilità, centri storici con case disabitate, spopolamento, carenza di servizi…). Dunque la grande occasione dei borghi, compresi naturalmente quelli sulla costa, non sarà automatica, ma dipenderà da progettualità, strategie, competenze, insomma è necessario un percorso originale di sviluppo che non sia la copia di quanto è stato fatto nelle grandi città e nelle località del turismo dei grandi numeri. A questo proposito mi sembra che a fronte di una consapevolezza diffusa di quali siano i trend in atto che riportano in primo piano i borghi, non vedo altrettanto impegno nel varare nuove progettualità per non perdere le opportunità che si profilano. Forse questo accade perché il tema dei borghi è sempre stato affrontato con un certo snobismo: i borghi sono storicamente stati confinati nel cosiddetto turismo minore, ma una ricerca dell’Associazione Borghi più belli d’Italia relativa al 2018, mostra come in un campione di 260 borghi esaminati i posti letto siano circa 70mila, in circa 7 mila attività che hanno sviluppato complessivamente 12milioni di pernottamenti, il 37% stranieri. ”Un po’ più della presunta marginalità” ha commentato giustamente il Presidente Fiorello Primi. Ora, per avere il quadro della situazione e delle opportunità, dobbiamo pensare che in Italia i borghi sono circa 20mila! Ecco perchè io penso che sia necessario varare un grande progetto nazionale di lancio dei borghi italiani. Non penso alla solita “campagna di comunicazione” penso piuttosto a interventi non più rinviabili sul “prodotto” e sulla qualità della vita.

Dalla intervista di Cristina Cossu a Giancarlo Dall’Ara

 

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