Report sull’Albergo Diffuso (2014)
Lo scenario dell’Albergo Diffuso in Italia
Giancarlo Dall’Ara, Silvia Di Bernardo (pubblicato nel Rapporto Turismo Italiano, XIX edizione, 2014)
L’Istat, pur considerando come una categoria alberghiera aggiuntiva le residenze alberghiere, non rileva un’altra tipologia che tutte le Regioni hanno introdotto negli ultimi anni: quella dell’albergo diffuso.
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L’Albergo Diffuso
Cos’è un Albergo Diffuso? Oggi è un termine molto utilizzato, che gode di una attenzione della stampa italiana ed estera straordinaria, di cui molti si fregiano, ma di cui pochi conoscono la vera essenza. È una formula innovativa di ospitalità Made in Italy, messa a punto e modellizzata da chi scrive, ed in grado di offrire nuove opportunità di valorizzazione e di rivitalizzazione dei Borghi.
Nella sostanza, l’Albergo Diffuso è un albergo orizzontale, un albergo (è opportuno sottolinearlo bene: un albergo) che non si costruisce e che permette agli ospiti di vivere la vita dei luoghi, a cominciare dall’alloggio in case costruite per i residenti, non per i turisti. Le case disabitate diventano le camere di una struttura che è in grado di offrire tutti i servizi alberghieri in un contesto di autenticità. La corretta gestione di un Albergo Diffuso, si basa sulla professionalità e sulle competenze del gestore che deve essere capace di rivitalizzare, senza disneyficare, la cultura dell’ospitalità del luogo. Le linee guida dell’offerta di un Albergo Diffuso sono l’attenzione alla sostenibilità, ai prodotti locali e alla valorizzazione del territorio.
Per ovviare alle discordanti leggi regionali, e per tutelare i principi su cui si basa il vero Albergo Diffuso, è nata l’Associazione Nazionale degli Alberghi Diffusi che riconosce 82 Alberghi Diffusi dal Friuli alla Sicilia, dalla Sardegna al Lazio.
Le regioni con la maggiore concentrazione di AD sono Lazio, Umbria, Sardegna e Toscana.
Tab. 1: Gli alberghi diffusi in Italia – Aprile 2014
Regione |
Numero |
Regione |
Numero |
Regione |
Numero |
Abruzzo |
2 |
Liguria |
2 |
Sardegna |
8 |
Basilicata |
5 |
Lombardia |
1 |
Sicilia |
6 |
Calabria |
1 |
Marche |
7 |
Toscana |
7 |
Campania |
3 |
Molise |
6 |
Trentino Alto Adige |
1 |
Emilia Romagna |
3 |
Piemonte |
2 |
Umbria |
9 |
Friuli Venezia Giulia |
4 |
Puglia |
5 |
Veneto |
1 |
Lazio |
9 |
|
|
||
Totale |
82 |
(fonte Associazione Nazionale Alberghi Diffusi – ADI, aprile 2014)
Sono molti i motivi per i quali il numero degli alberghi diffusi è ancora ridotto, rispetto all’enorme potenziale del nostro Paese. In primo luogo gli ostacoli normativi: anche se oggi l’Albergo Diffuso è normato in tutte le regioni del Paese (con la sola eccezione della Provincia Autonoma di Bolzano), quasi la metà delle Regioni non ha un regolamento attuativo, e ciò impedisce di fatto la nascita di strutture che, offrendo il soggiorno ed i servizi in case pre-esistenti, riescano anche a garantire tutti i servizi alberghieri.
In secondo luogo la mancanza di una adeguata conoscenza del modello dell’Albergo Diffuso, spesso confuso con altri modelli di ospitalità diffusa, ad esempio con il Paese Albergo, o con forme spontanee ed ibride di ospitalità orizzontale, che si attivano sempre più spesso nei borghi in concomitanza con l’Alta Stagione o in occasione di eventi particolari, ma che nulla hanno a che vedere con una struttura di carattere alberghiero come l’Albergo Diffuso. Un altro motivo per il quale l’Albergo Diffuso non è ancora sufficientemente presente in molte realtà del Paese è la mancanza di misure di incentivazione specifica, o di deroghe di carattere urbanistico che permettano a chi vuole dare vita ad una esperienza di Albergo Diffuso, di poter conservare l’autenticità della proposta anche dal punto di vista strutturale.
In queste pagine proviamo a ripercorrere i temi chiave dell’Albergo Diffuso allo scopo di chiarirne i contorni e lo scenario possibile.
Nascita e sviluppo del concetto
Il nome e la prima idea di Albergo Diffuso nascono in Carnia (UD) diversi anni dopo il terremoto del 1976. L’idea iniziale era quella di trovare una fruibilità turistica delle costruzioni ristrutturate ma lasciate vuote, che permettesse una rivitalizzazione dell’economia locale attraverso la valorizzazione delle case rimaste vuote, degli edifici sottoutilizzati e delle tradizioni architettoniche. Niente che non si fosse già tentato altrove, a parte il termine che venne utilizzato per la prima volta nel 1982 in riferimento ad un progetto di valorizzazione turistica nel borgo di Comeglians (UD), un termine che esprimeva una nuova idea e un nuovo concetto di ospitalità. Fu solo alla fine degli anni ’80, però, con il progetto di sviluppo turistico di San Leo, e nei primi anni ’90 con il progetto di Albergo Diffuso a Bosa, in Sardegna, che attorno al termine fu formalizzato un modello di ospitalità distinto ed originale. Da allora il nome “albergo diffuso” viene utilizzato come sintesi descrittiva del modello, un modello alberghiero che nasce mettendo in rete una serie di edifici, appartamenti o case, molto vicini tra loro, ed in grado di offrire agli ospiti tutti i servizi alberghieri.
Come già detto il primo progetto capace di affermare l’idea e il concetto di Albergo Diffuso è quello di San Leo nel Montefeltro (RN) del 1989, che prevedeva la possibilità di utilizzare appartamenti e case situate nei pressi della piazza principale, fornita di bar e servizi commerciali. In questo progetto vengono individuati per la prima volta i requisiti chiave della nuova tipologia ricettiva:
- gestione unitaria e imprenditoriale della struttura;
- offerta di tutti i servizi alberghieri per gli ospiti alloggiati negli edifici presenti in un piccolo centro storico;
- creazione di un ambiente e di un’atmosfera autentici, prevedendo anche arredamenti ed allestimenti in linea con lo stile architettonico locale.
Fino agli anni ’90, però, il modello non trova concreta attualizzazione. I motivi che ne hanno ritardato l’effettiva realizzazione sono diversi, primo fra tutti quelli di tipo normativo: in Italia, infatti, la prima norma che riconosce da un punto di vista legislativo l’Albergo Diffuso, e ne autorizza l’apertura, è del 1998 (legge regionale n.27 del 12 agosto 1998, Regione Autonoma della Sardegna). Oltre a questo ostacolo, si presentavano anche complessità di tipo culturali, resistenze legate alla proprietà frammentata degli abitati, e della scarsa volontà da parte dei proprietari di investire in soluzioni ritenute così innovative. Inoltre era sempre presente il problema legato alla messa a punto e al perfezionamento del modello, che necessitava di una formula condivisa ed utilizzabile in diversi contesti territoriali.
Il modello nasce e si sviluppa in Italia, ma può essere esportato anche al di fuori dei confini nazionali: è in Spagna che si trova il primo Albergo Diffuso non italiano, sorto per recuperare abitazioni tipiche adibendole ad ospitalità turistica. Si tratta di una struttura ricettiva di tipo orizzontale, definita anche Pueblo Hotel, finalizzata al recupero di edifici, tradizioni, ed elementi storico-architettonici del territorio, accompagnando l’offerta ricettiva con i prodotti di fattorie ed aziende agricole locali, promuovendo uno sviluppo sostenibile della comunità.
Definizione e descrizione del modello Albergo diffuso
L’albergo Diffuso è stato inizialmente definito come un «esercizio ricettivo situato in un centro storico, caratterizzato da una comunità viva, dislocato in due o più stabili vicini tra loro, con gestione unitaria ed in grado di offrire a tutti gli ospiti servizi alberghieri» (Dall’Ara).
A 16 anni dalla prima normativa regionale è possibile però proporre una definizione più compiuta: «Assumono la denominazione di “albergo diffuso” gli alberghi che forniscono alloggio e altri servizi in camere dislocate in più stabili separati, esistenti, ubicati in un centro storico integrati tra loro dalla centralizzazione in un unico stabile dell’ufficio ricevimento, nello stesso o in altro stabile delle sale di uso comune ed, eventualmente, degli altri servizi offerti. Le unità abitative, distanti non più di 200 metri effettivi dallo stabile nel quale è ubicato il servizio di ricevimento, sono caratterizzate da uno stile riconoscibile, uniforme e rispettoso dell’identità del luogo e sono dotate di arredi, attrezzature e servizi tra loro omogenei».
Tra le caratteristiche distintive si sottolineano:
- la gestione unitaria (struttura ricettiva gestita in forma imprenditoriale);
- l’offerta di servizi alberghieri e ambienti comuni a tutti gli ospiti alloggiati nei diversi edifici che lo compongono (ricevimento, sale comuni, bar, punto di ristoro);
- ambiente autentico garantito dal mantenimento dell’architettura tradizionale, utilizzo di case e camere ammobiliate e ristrutturate secondo lo stile locale, pensando ai turisti come a dei residenti;
- distanza tra gli immobili tale da permettere l’offerta a tutti gli ospiti dei sevizi alberghieri (massimo 200/300 metri tra le unità abitative e la struttura con i servizi di accoglienza e i servizi principali);
- presenza di una comunità locale viva;
- gestione professionale non standardizzata, diversa da quella che caratterizza gran parte delle catene alberghiere, coerente con la proposta di autenticità dell’esperienza e con il legame con il territorio;
- stile riconoscibile, dato dall’autenticità del servizio di ospitalità e dal legame con il territorio, da cui trae le peculiarità caratteristiche.
La particolarità di tale formula risiede nel fatto che non prevede la costruzione di nuovi edifici o di nuove strutture ma recupera quelle già esistenti, evitandone l’abbandono e il degrado. Le camere ed i connessi servizi ricettivi sono ubicati all’interno di unità abitative pre-esistenti, mentre l’attività di ristorazione può essere svolta anche in un centro esterno, comune a tutte le unità. L’attrattività e l’appetibilità turistica dello stesso dipendono dalla capacità di valorizzare effettivamente i luoghi in cui si colloca, pertanto le modalità di ristrutturazione devono rispettare le scelte tecniche ed architettoniche locali.
Essendo qualificato come albergo, rispettando la normativa nazionale (legge n. 217 del 17 maggio 1983, ai cui artt. 6-7 definisce le tipologie di strutture ricettive) deve presentare almeno sette camere gestite in modo unitario, offrire un servizio di assistenza continuativo, un punto ristoro, mentre è facoltativo il servizio di ristorazione interna. Le differenze rispetto ad un albergo tradizionale sono numerose e legate soprattutto alla forte integrazione dell’Albergo Diffuso nel territorio in cui sorge e nella comunità in cui viene realizzato, grazie alla quale è possibile presentare un’offerta in cui il turista sia considerato non un estraneo di passaggio, ma un abitante del luogo. Nella tabella seguente sono riassunti i punti chiave che caratterizzano l’Albergo Diffuso:
Albergo Diffuso “un po’ casa, un po’ albergo” |
|
Come in una casa | Come in un albergo |
Spontaneità | Professionalità dei servizi |
Camere, una diversa dall’altra | Spazi Comuni |
Arredo di atmosfera | Comfort |
Cura dei dettagli | Facilità nelle prenotazioni |
Legame con il territorio | Ampia gamma dei servizi |
Relazioni con i residenti | Relazioni con gli altri ospiti |
Ambiente accogliente e informale | Privacy |
Cortesia | Qualità dei Servizi |
Autenticità | Efficienza |
Esperienza | Personalizzazione |
Tra le altre caratteristiche distintive del modello di Albergo Diffuso troviamo lo scopo mutualistico della relazione che lega impresa e territorio, riguardante il recupero dell’autenticità di edifici di particolare pregio storico, artistico ed architettonico; nonché la gestione unitaria e sistemica del complesso, in cui i vari processi di produzione ed erogazione dei servizi offerti fanno capo ad un unico soggetto. La formula così strutturata presenta molteplici punti di forza:
- si tratta di un modello originale di ospitalità, in grado di offrire quel contatto maggiore con il territorio e quell’esperienza di autenticità ricercata dal turista di terza e quarta generazione. Inoltre, proprio grazie alla sua innovatività, gode di maggior visibilità ed offre vantaggi strategici di posizionamento nel mercato turistico;
- è un modello nato in Italia ma esportabile in altri ambiti territoriali, essendo flessibile ed adattabile alle diverse peculiarità del territorio;
- non richiede costruzioni nuove, ma recupera edifici ed abitati pre-esistenti, riducendo l’impatto ambientale;
- garantisce il rispetto per l’ambiente e per la cultura di un luogo, recuperando il patrimonio storico, artistico e culturale dei centri minori;
- garantisce l’offerta di un’esperienza autentica in grado di soddisfare i desideri della attuale domanda turistica, sempre più esigente ed esperta;
- presenta un’offerta articolata, proponendo al turista un servizio differenziato dato dalla diversità di scelta delle camere e dei servizi disponibili;
- offre uno stile gestionale originale, che ricrea un’atmosfera particolare difficile da trovare in contesti standardizzati anche perché intensifica le relazioni tra turista e comunità locale. Ciò permette l’offerta di esperienze di valore, che permettano al turista di sentirsi parte della comunità come residente temporaneo, non estraneo;
- funge da motore per lo sviluppo territoriale in ottica di sostenibilità, permettendo la rianimazione di borghi e centri storici soggetti a rischio di spopolamento, attirando turisti in località altrimenti non conosciute e fornendo nuove fonti di reddito, aumentando così il grado di attrattività di un’area, anche in termini di investimenti.
Il modello dell’AD
- Gestione unitaria – Struttura ricettiva gestita in forma imprenditoriale
- Servizi alberghieri – Struttura ricettivaalberghiera gestita in forma professionale
- Unità abitative dislocate in più edifici separati e preesistenti– Centro storico abitato
- Servizi comuni – Presenza di locali adibiti a spazi comuni per gli ospiti (ricevimento, sale comuni, bar, punto ristoro)
- Distanza ragionevole degli stabili – massimo 200 metri tra le unità abitative e la struttura con i servizi di accoglienza (i servizi principali)
- Presenza di una comunità viva – Comunità ospitante, integrazione nel territorio
- Presenza di un ambiente autentico – Integrazione con la realtà sociale e la cultura locale
- Riconoscibilità – Identità definita e uniforme della struttura; omogeneità dei servizi offerti
- Stile gestionale integrato nel territorio e nella sua cultura.
L’Albergo Diffuso è dunque una proposta ospitale alberghiera direttamente integrata nel territorio, nella sua cultura e
nella sua comunità, che diventano componenti di base dei servizi ospitali offerti.
Tra i punti di debolezza della formula possiamo individuare:
- difficoltà di gestione, che può portare a delle diseconomie a causa della dispersione nella gestione dei diversi immobili (ognuno dei quali attrezzato e riscaldato in maniera differente) a causa dell’impossibilità di centralizzare e standardizzare i servizi;
- richiesta di importanti investimenti per le ristrutturazioni iniziali, poiché occorre garantire il rispetto dello stile architettonico pre-esistente e, allo stesso tempo, assicurare il rispetto delle normative vigenti;
- impegno per la manutenzione di spazi estesi e differenziati tra loro secondo lo stile architettonico.
Generalmente, sia dal punto di vista degli investimenti iniziali che per quanto riguarda gli oneri di gestione, l’Albergo Diffuso comporta costi mediamente più elevati rispetto a quelli determinati dalla gestione di un albergo tradizionale. Nonostante questo, però, i benefici che può apportare al territorio sono considerevoli: valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente; valorizzazione del patrimonio culturale e delle tradizioni locali; rivitalizzazione di attività produttive e commerciali locali; recupero di risorse altrimenti sottoutilizzate, ecc…
Tali benefici hanno permesso al modello di ottenere il premio “innovazione sostenibile” da parte del United Nations Development Programme (UNDP), che ne riconosce la sostenibilità sotto quattro aspetti fondamentali:
1- ambientale: non prevedendo nuove costruzioni, ma recuperando quelle esistenti, non deturpa il paesaggio;
2- istituzionale: prevede un modello di sviluppo che coinvolge gli attori locali, dando loro possibilità di coinvolgimento e di cooperazione per la partecipazione ad un progetto di interesse comune;
3- sociale: può essere applicato alle località estranee ai circuiti più frequentati, permettendo così la rivalutazione di comunità altrimenti trascurate;
4- economico: richiede e sostiene una domanda attratta dai luoghi e da quella particolare tipologia di proposta, fornendo la possibilità di sfruttare nuove fonti di reddito.
Molti Alberghi Diffusi si articolano all’interno di un piccolo centro storico montano o collinare, estendendosi fino a coprire una parte significativa del borgo stesso: è questo che garantisce l’integrazione con il territorio, e la creazione di un contesto esperienziale autentico e completo, in cui il borgo e i suoi stessi abitanti diventano parte fondamentale dell’esperienza di ospitalità che viene offerta agli ospiti.
L’Albergo Diffuso rappresenta un ottimo esempio di progetto di sviluppo territoriale, trattandosi di un intervento di prodotto in grado di generare ampi effetti in termini di notorietà ed immagine su tutto il territorio. Oggi si è infatti diffusa la consapevolezza che un Albergo Diffuso, oltre che un modello innovativo di ospitalità alberghiera, sia un vero e proprio progetto di sviluppo del territorio. Può anzi essere considerato un prodotto d’area, ovvero un «sistema ospitale flessibile, che si caratterizza attraverso le relazioni tra gli elementi tangibili e intangibili che lo compongono, e che ha l’obiettivo di valorizzare la qualità e la vocazione di un territorio, nonché di aumentare il potere di attrattività di una destinazione».
Tra le altre forme di ospitalità diffusa, di cui l’Albergo Diffuso rappresenta comunque l’essenza fondamentale, troviamo:
a) Paese Albergo
Appartenente alla famiglia dell’Albergo Diffuso, il Paese Albergo presenta una proposta che coinvolge un intero paese o un centro storico abitato, attraverso una rete di offerte ospitali (camere, case, bar, ristoranti), servizi di accoglienza, e spazi comuni per gli ospiti. Tutto ciò viene messo a disposizione dei turisti tramite un servizio di prenotazione centralizzato, ma privo di gestione unitaria (Dall’Ara). Non è un albergo, bensì una “rete ospitale” che centralizza alcuni servizi, lasciando gli operatori indipendenti. Osservando una deliberazione della Giunta Regionale della Sardegna, n.28/26 del 26 luglio 2007, il Paese Albergo viene definito all’art. 30 come «rete di operatori ospitali costituita mediante accordi di collaborazione tra soggetti diversi, siano essi o meno imprenditori, per l’esercizio dell’attività ricettiva in forma coordinata, senza gestione unitaria, al fine di fornire alloggio e altri servizi in più strutture ricettive, che interessano una parte rilevante di un centro abitato, in possesso dei requisiti stabili con delibera della Giunta Regionale».
b) Residence Diffuso
Assumono denominazione di Residence Diffuso quelle «strutture ricettive extra alberghiere che forniscono alloggio in più unità abitative, assieme ai servizi di accoglienza e di assistenza, situate all’interno di un unico territorio comunale, integrate tra loro dalla centralizzazione dell’ufficio ricevimento» (Dall’Ara). Si tratta di una struttura ricettiva extra alberghiera caratterizzata da un sistema di prenotazione centralizzato e dall’offerta di servizi minimi di accoglienza ed assistenza gestiti non in forma alberghiera.
c) Albergo Diffuso di campagna
Appena normato dalla Regione Molise, su indicazione dell’Associazione Nazional degli Alberghi Diffusi, l’albergo diffuso di campagna è un AD vero e proprio, che opera però non in un Borgo, ma in un contesto rurale.
Oltre a queste formule definite e sperimentate, nella realtà operativa esistono modelli che traggono ispirazione da queste modalità di recupero di antichi borghi e centri storici, ma che non ne rappresentano tutte le caratteristiche necessarie per rientrare nella loro classificazione. Possiamo infatti trovare i Villaggi Albergo, ovvero delle strutture ospitali realizzate attraverso il recupero di borghi disabitati a gestione unitaria, proponendo camere e servizi dislocati in diversi edifici non sempre vicini tra loro; oppure le Case Albergo, formula più recente che affida ad una rete di gestori (famiglie) il servizio di ospitalità alberghiera in casa.
Condizioni per l’avvio di forme ricettive proprie dell’Ospitalità Diffusa
La formula dell’Albergo Diffuso, così come anche gli altri modelli propri dell’ Ospitalità Diffusa, si presenta come proposta flessibile ed adattabile a diversi contesti e territori. Ciò nonostante è richiesta la presenza di determinati requisiti affinché si presentino le condizioni necessarie per poter effettivamente realizzare simili progetti di ospitalità.
Un primo elemento che bisogna considerare è il tipo di territorio, di borgo, o di località nel quale far sorgere l’Albergo Diffuso, che non deve essere privo di attrattive di tipo naturalistico, storico, o culturale. Un altro requisito è dato dalla effettiva disponibilità di stanze, case, appartamenti, il cui posizionamento dovrebbe risultare adeguato da un punto di vista sia logistico (vicinanza tra loro, vicinanza alla hall centrale, comodità nel raggiungerlo, ecc.) che architettonico (ciò che riguarda la dimensione, l’aspetto esteriore, la sicurezza, l’arredo, il comfort e di servizi di cui sono dotate le stanze). Oltre a questo bisogna verificare la presenza di spazi utilizzabili per la fornitura dei servizi comuni, l’accoglienza, la ristorazione, e tutti gli altri servizi ed attività che vengono fornite alla clientela dell’albergo. Tali spazi, inoltre, devono collocarsi sufficientemente vicino a tutte le unità abitative, in modo tale da poter garantire facile fruizione da parte degli ospiti.
Oltre alle attrattive di tipo turistico presentate dalla località e dal territorio circostante, che risultano necessarie per interessare i flussi turistici e per stimolarli a trascorrere un soggiorno in quell’area, è importante che il borgo nel quale sorge l’albergo (o un’altra forma di ospitalità diffusa precedentemente descritta) presenti un certo grado di vivacità, di vitalità, ovvero offra servizi, possibilità di svolgere attività diverse (passeggiate, escursioni, visite, ecc.) e, soprattutto, che garantisca agli ospiti esperienze che li avvicinino alla vita rurale della comunità. Qui interviene un importante aspetto della gestione dell’Albergo Diffuso, poiché bisogna essere in grado non solo di avviarne l’attività e poi di coordinare tutti gli attori e gli operatori coinvolti, ma mantenere sempre attrattivo il borgo e il luogo attraverso l’organizzazione di eventi, manifestazioni, e varie iniziative che coinvolgano quanto possibile i residenti e permettano la valorizzazione del patrimoni patrimonio locale nel suo complesso.
Riassumendo, dunque, la realizzazione di un Albergo Diffuso può essere facilitata ed agevolata quando la località oggetto di interesse presenta tali requisiti:
- presenza di un contesto a vocazione turistica, culturale o ambientale, con edifici e strutture di interesse artistico, storico, che rappresentino la cultura e le tradizioni locali;
- esistenza all’interno del borgo di edifici adatti ad una ristrutturazione con finalità alberghiere;
- presenza di un’offerta comprensiva di servizi base, quali esercizi commerciali, culturali, turistici, sia per i turisti che per i residenti;
- possibilità di collocare delle strutture per l’accoglienza in posizione centrata rispetto alle unità abitative;
- numero di abitanti del borgo sufficiente a garantire possibilità di instaurare relazioni e rapporti con gli ospiti;
- organizzazione di eventi ed iniziative per la valorizzazione della località, incentrate sulla cultura dell’accoglienza;
- presenza di tradizioni enogastronomiche, culturali ed artistiche da valorizzare;
- interesse e volontà da parte dei residenti, dei privati e degli operatori, ad impegnarsi e ad investire in forme di gestione innovative.
Un tema molto importante per far si che un borgo si trasformi in un prodotto è la possibilità di costruire e di gestire una rete tra i diversi operatori ed attori, in modo da fornire l’opportunità per la creazione di forme di partenariato capaci di utilizzare in maniera efficiente le risorse esistenti. Una volta che l’Albergo Diffuso è stato costituito, invece, le condizioni basilari che permettono il mantenimento della competitività sono la sistematicità, intesa come capacità di organizzazione e di gestione dell’impresa e del sistema di relazioni; responsabilità sociale nella sua evoluzione, ovvero abilità di adattamento al contesto circostante e ai suoi cambiamenti; attenzione alla tourist experience, cercando di porsi dal lato del cliente ed individuando i punti sui quali intervenire per garantire l’esperienza effettivamente desiderata.
Politiche pubbliche per la valorizzazione del territorio e quadro normativo dell’Ospitalità Diffusa
Il tema della sostenibilità è centrale nella formulazione delle strategie europee di sviluppo generale, le quali riconoscono il turismo come forza in grado di coinvolgere intere comunità per uno sviluppo economico e sociale che avvenga in maniera partecipata e sostenibile, costituendo uno strumento di crescita e di valorizzazione delle peculiarità dei singoli paesi e territori. Al turismo viene dunque attribuito un ruolo di traino per lo sviluppo locale, e le iniziative di Ospitalità Diffusa possono essere fatte rientrare tra i programmi europei di riqualificazione urbana e di sviluppo dei territori rurali, ottenendo quindi il supporto delle politiche europee che, a livello generale, indicano i criteri basilari sui quali le amministrazioni regionali dei singoli Paesi possono definire specifici programmi di sviluppo adatti alle peculiarità delle diverse realtà territoriali. Il supporto a tali iniziative viene fornito attraverso un fondo apposito, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e il Fondo Sociale Europeo (FSE). L’Ospitalità Diffusa è una materia di competenza regionale, dunque presenta disposizioni diverse a livello nazionale a seconda dei regolamenti e delle norme regionali. Per una miglior comprensione del quadro legislativo del settore turistico, è bene comunque fare riferimento alla normativa nazionale, integrandola con le specifiche disposizioni a livello regionale e locale.
Le leggi regionali sull’AD
- Regione Sardegna (Legge Regionale n. 27 del 12 agosto 1998, modifica alla L.R. n. 22 del 14 maggio 1984)
- Regione Friuli Venezia Giulia (Legge Regionale n. 2 del 16 gennaio 2002)
- Regione Marche (Legge Regionale n. 9 dell’11 luglio 2006. Deliberazione Giunta Regionale n. 479 del 14 maggio 2007)
- Regione Umbria (Legge Regionale n. 18 del 27 dicembre 2006)
- Regione Emilia Romagna (Deliberazione Giunta Regionale del 25 giugno 2007, Legge Regionale n. 16 del 2004, art. 3, c. 2. Delibera della Giunta Regionale n. 916 del 4 maggio 2007, prot. n. TUR/07/149662)
- Regione Liguria (Regolamento Regionale n. 2 del 30 gennaio 2009. Legge Regionale n. 2 del 07 febbraio 2008. Regolamento Regionale n. 5 del 25 ottobre 2007. Legge Regionale n. 13 del 21 marzo 2007)
- Provincia autonoma di Trento (Legge n. 20 del 15 novembre 2007, modifica alla Legge Provinciale n. 7 del 15 maggio 2002)
- Regione Toscana (B.U.R. n. 34 del 20 agosto 2008)
- Regione Calabria (Legge Regionale n. 8 del 05 aprile 2008)
- Regione Lazio (Delibera Giunta Regionale 16 maggio 2008, art. 2. Regolamento Regionale n. 16 del 24 ottobre 2008)
- Regione Basilicata (Norma del 2009. Legge Regionale n. 6 del 04 giugno 2008)
- Regione Lombardia (Legge n. 8 del 09 febbraio 2010)
- Regione Valle d’Aosta (Legge Regionale n. 1 del 16 febbraio 2011, B.U.R. n. 10 del 10 marzo 2011)
- Regione Campania (Disegno di Legge Regionale sul Turismo n. 626 del 15 novembre 2011. Decreto n. 579 del 08 agosto 2003. Legge Regionale n. 17 del 24 novembre 2001, integrata con le modifiche apportate dalle Leggi Regionali n. 24 del 29 dicembre 2005 e n. 4 del 15 marzo 2011)
- Regione Puglia (Regolamento Regionale n. 6 del 22 marzo 2012, Regolamento attuativo dell’attività ricettiva di albergo diffuso di cui alla L.R. n. 17 del 2011)
- Regione Veneto (Delibera 30 maggio 2013 n. 11)
- Regione Sicilia (Legge Regionale 2 agosto 2013, n. 11)
- Regione Abruzzo (Legge Regionale 9 agosto 2013, n. 22)
- Regione Piemonte (Legge Regionale 12 agosto 2013, n. 17)
- Regione Molise (Legge Regionale 25 marzo 2014, n. 7)