Albergo Diffuso e Community Based Approach – Tesi di Laurea di Angela Rizzo
Albergo Diffuso e Community-Based Approach: potenzialità e applicazioni di un progetto di ospitalità sostenibile
Il lavoro di ricerca svolto si articola nei seguenti 4 capitoli
1) La nascita dei turismi e la riscoperta della dimensione comunitaria
2) L’approccio comunitario nel turismo: il fenomeno del community-based tourism
3) L’esperienza dell’Albergo Diffuso
4) AD e CBT tra applicazioni pratiche ed opinioni degli esperti
L’obiettivo dell’analisi è stato quello di individuare i fattori e le motivazioni che hanno reso possibile, soprattutto in anni recenti, l’implementazione di modelli turistici maggiormente sostenibili, che coniugano alla dimensione meramente economica associata al fenomeno, nuove finalità, in particolare di tipo sociale. Dopo essersi soffermati sui vantaggi e sulle potenzialità derivanti dalla loro applicazione, si è voluto esplorare in modo più ampio lo scenario dei modelli comunitari, cercando di collocare all’interno di esso la proposta Made in Italy dell’Albergo Diffuso.
Il primo capitolo si è concentrato su un’analisi bilaterale che ha visto come denominatore comune il fenomeno della globalizzazione.
La prima parte dell’analisi ha riguardato l’evoluzione della storia turistica, delle preferenze e delle tendenze caratterizzanti la domanda ed il conseguente adattamento dell’offerta. In particolare, ci si è voluti soffermare sulla rinnovata attenzione nei confronti della sostenibilità in tutti i suoi aspetti, sulla riscoperta di dimensioni quali quella esperienziale e relazionale e sulle preferenze nei confronti di modelli turistici alternativi a quelli di massa.
La seconda parte, si è invece focalizzata sui cambiamenti dei modelli e della mentalità imprenditoriale, nella progressiva direzione di un’ottica maggiormente sostenibile e responsabile. Il punto centrale di questa seconda analisi è andato convergere nello sviluppo del modello comunitario che prevede “la partecipazione della comunità ad un’impresa, con l’obiettivo di fare qualcosa per la comunità stessa” e si presenta come espressione di una nuova sensibilità nei confronti delle tre dimensioni della sostenibilità e di innovazione sociale. In questo modello l’attività economica che normalmente viene associata all’impresa, è strettamente correlata ad attività volte al miglioramento generale delle condizioni di vita delle comunità coinvolte, con un’attenzione particolare anche alla conservazione ambientale e territoriale.
Tra gli svariati ambiti in cui un modello imprenditoriale di questo tipo trova applicazione, quello turistico è sicuramente uno dei più favorevoli.
Il fenomeno del community-based tourism, analizzato approfonditamente nel corso del secondo capitolo, rappresenta forse l’espressione migliore e più lineare in grado di fornire un esempio di implementazione del modello imprenditoriale comunitario all’interno del campo turistico. Per definizione, il CBT è una forma di turismo innovativa, sostenibile e responsabile, che nasce in America Latina e prevede l’accoglienza dei turisti nei contesti quotidiani delle comunità indigene locali, le quali gestiscono l’offerta in prima persona, con lo scopo di redistribuirne i benefici.
Questo tipo di proposta appare in linea con le preferenze dei turisti di “terza generazione”, particolarmente attenti all’autenticità dei luoghi visitati ed alla genuinità dei rapporti umani instaurati, ma anche volenterosi di conoscere la cultura e le tradizioni locali dei contesti che visitano.
Nel community-based tourism, il turismo stesso risulta uno strumento di mutua conoscenza, strettamente legato al territorio in cui la proposta viene sviluppata, e complementare alle altre attività sociali ed economiche presenti all’interno di esso. Elementi quali il coinvolgimento diretto della popolazione locale, che costruisce e gestisce in prima persona l’offerta turistica, la valorizzazione delle risorse materiali ed immateriali della stessa comunità e del suo territorio, l’attenzione alla sostenibilità in tutte le sue declinazioni e la creazione e la successiva redistribuzione dei benefici derivanti dall’implementazione del turismo sono sicuramente i maggiori segni distintivi di questa proposta.
Nel corso del secondo capitolo si è anche voluto presentare qualche esempio concreto di CBT e, in linea con quelle che sono le origini del fenomeno, sono state introdotte tre realtà internazionali appartenenti ad economie sottosviluppate o, comunque, in via di sviluppo: Cile, Filippine e Senegal.
Ma un simile modello, che rivela, almeno a primo impatto, numerosi punti di forza in un’ottica di “rivoluzione turistica” (se così si può definire) trova o può trovare applicazione anche in contesti differenti rispetto a quelli in cui tradizionalmente viene implementato? La parte conclusiva del secondo capitolo cerca di rispondere a questa domanda. La proposta comunitaria si propone certo come un’alternativa ai tipici modelli legati al turismo, inteso come attività prettamente economica e di massa, proponendo un approccio nuovo e differente, che abbracci altre dimensioni e finalità, soprattutto legate allo sfondo sociale.
In realtà, gli schemi comunitari si sono rivelati piuttosto flessibili e quindi applicabili all’interno di cornici tra loro diversificate. In ragione di ciò, è stato possibile riscontrare alcune esperienze di community-based tourism (più o meno fedeli a quella originale) anche in contesti marginalizzati, ma collocati all’interno di economie sviluppate, come quella europea e, più nel dettaglio, quella italiana.
La proposta dell’Albergo Diffuso, che è stata ampiamente analizzata nel corso del terzo capitolo dell’elaborato, è sicuramente una di queste. Giancarlo Dall’Ara, studioso a cui si deve la messa a punto del modello, definisce gli Alberghi Diffusi come “strutture ricettive a gestione imprenditoriale, che non si costruiscono e che offrono alloggio e servizi in una rete di case già esistenti” e che “permettono al turista di sentirsi un residente temporaneo”. Una primordiale idea della proposta nacque nell’area della Carnia, in Friuli Venezia-Giulia, dopo il terremoto del 1976, quando si fece viva la necessità di riutilizzare a fini turistici case vuote ed edifici abbandonati. Il termine “Albergo Diffuso” venne però utilizzato solo in seguito, nel 1982, all’interno del “progetto pilota Comeglians”, guidato dal poeta Leonardo Zanier che si avvalse della consulenza di Dall’Ara. Verso la fine degli anni ’80 il concept, con un primo piano di fattibilità, venne poi messo a punto nel progetto “Turismo” dell’amministrazione di San Leo, nel Montefeltro.
Se inizialmente la proposta era “product oriented”, era ancora assente l’idea di sviluppare un modello distinto ed originale di ospitalità turistica e non erano quindi previsti elementi quali la gestione alberghiera e l’offerta dei tipici servizi ad essa connessi, negli anni la formula iniziò a coniugarsi con le nuove necessità dei turisti.
L’Albergo Diffuso si presenta ad oggi come un progetto di ospitalità innovativo e sostenibile, ubicato all’interno di un contesto autentico e vivo, che prevede una gestione unitaria e che contribuisce alla competitività turistica ed allo sviluppo economico-sociale di un territorio.
Quella dell’Albergo Diffuso è una proposta che, al pari delle iniziative comunitarie che sono state presentate nei capitoli precedenti dell’elaborato, è in grado di rispondere alla ricerca di originalità ed al desiderio di comunità e di esperienze immateriali che caratterizzano quel nuovo segmento della domanda turistica considerato.
Nel terzo capitolo, avvalendosi della bibliografia reperibile sull’argomento (in particolare del manuale scritto dal Dott. Dall’Ara) sono state ampiamente descritte le caratteristiche che permettono di denominare come tale l’Albergo Diffuso, è stato riportato il quadro normativo nazionale e condotta una breve rassegna della distribuzione delle varie strutture presenti sul territorio italiano, sono state presentate le varie tipologie di AD presenti, si sono descritte le modalità inerenti la gestione ed il marketing della struttura ed è infine stata riportata un’analisi SWOT.
Un ultimo paragrafo ha poi riguardato la valutazione ed il ruolo che il modello dell’AD può avere nella ripartenza del turismo e nel ripensamento dei modelli turistici tradizionali, alla luce della situazione di grave difficoltà in cui il settore è stato catapultato successivamente alla diffusione della pandemia da Covid-19.
Il quarto ed ultimo capitolo dell’elaborato ha assunto una connotazione maggiormente pratica: si sono cercate di analizzare le nozioni teoriche approfondite nei capitoli precedenti in un’ottica maggiormente concreta.
Nel quarto capitolo l’indagine è poi proseguita, prendendo in considerazione altre tre interviste con esperti del settore. Il primo contributo è stato quello di Giancarlo Dall’Ara, a cui si deve, come si accennava in precedenza, la messa a punto del modello e che è l’attuale Presidente, nonché fondatore dell’ADI. Il colloquio, si è sviluppato partendo da due fondamentali domande ed ha permesso di indagare attraverso una prospettiva più profonda, attuale e personale, il modello dell’Albergo Diffuso. Il primo interrogativo è stato posto rispetto al modo in cui l’AD riesce a confrontarsi con un turismo sempre più diversificato (e, al giorno d’oggi, anche influenzato dalla diffusione del Covid che ha fortemente colpito il settore) con riferimento anche alle popolazioni ospitanti; la seconda rispetto agli obiettivi ed alle prospettive che gli operatori coinvolti in questa realtà dovrebbero porsi. Il Dott. Dall’Ara ha condiviso le proprie considerazioni personali rispetto all’iniziativa dell’Albergo Diffuso, sottolineandone i principali vantaggi e punti di forza, senza tralasciare gli aspetti che dovrebbero essere migliorati per favorire lo sviluppo e la diffusione del modello. L’AD enfatizza un cambio di rotta, spostando il focus sul locale e la sua forza sta nel paragonare il turista ad un residente, ma è necessario superare le barriere culturali che testimoniano scarsa conoscenza e diffidenza nei suoi confronti, scoraggiando il supporto necessario.
Sono state poi condotte le interviste con Marcello Gandolfi e María Laura Gasparini, esperti in materia di turismo comunitario, con cui si è cercato di individuare le principali analogie riscontrabili tra l’approccio community-based nell’ambito del turismo e la formula dell’AD. Elementi tipici del CBT, quali i contesti piccoli e marginali, il coinvolgimento della comunità, l’autenticità e la tipicità, così come la sostenibilità intesa in tutte le sue dimensioni, sono stati ricercati all’interno del progetto dell’Albergo Diffuso. La finalità era quella di comprendere quanto e se quest’ultimo possa essere considerato un’espressione della proposta comunitaria e se possa fungere da strumento per la crescita di realtà che, nonostante si trovino ubicate in contesti generalmente non sottosviluppati come quelli del Sud del Mondo, appaiono, per certi versi, marginalizzati. Come è emerso dalle interviste, il CBT presenta dei chiari parallelismi con la formula dell’Albergo Diffuso, ma anche in questo caso maggior supporto e conoscenza sono fondamentali. Entrambe le formule sono una risposta al turismo di massa, possono essere considerate di stampo sostenibile e pongono al centro la comunità e la condivisione dei benefici.
In tutti i contributi presenti all’interno dell’elaborato, una rilevante parentesi è stata dedicata al binomio turismo e Covid-19. Considerando, da un lato i cambiamenti nelle preferenze della domanda (ampiamente citati nel corso dell’elaborato) e dall’altra, la pesante influenza che la pandemia ha esercitato su questo settore, si è cercato di comprendere, insieme agli esperti, se ed in che misura, le iniziative comunitarie e la formula dell’AD possano essere degli alleati per la ripartenza turistica. Sicuramente, per cogliere e sfruttare al meglio le opportunità da essi derivanti, un ruolo chiave è assunto dalle partnership strategiche e dall’implementazione di modelli estensivi di digitalizzazione e comunicazione. In quest’ottica, il nuovo approccio sviluppato permette sicuramente un ripensamento del settore in chiave più sostenibile ed in linea con le nuove esigenze venute alla luce con la diffusione della pandemia: il contatto con la natura, la possibilità di vivere esperienze uniche e personalizzate, in spazi aperti e normalmente poco affollati, così come la possibilità di alloggiare in unità abitative indipendenti (in questo caso il riferimento è all’AD, formula che attualmente si trova ubicata in contesti maggiormente sviluppati) sono elementi di fondamentale importanza.
Il lavoro condotto ha permesso l’elaborazione di molteplici considerazioni. In primis appare possibile affermare come le tendenze della domanda turistica siano, in buona parte, una risposta agli impatti maggiormente negativi associati al settore e come rendano possibile l’implementazione di approcci alternativi, focalizzati sulla sostenibilità in tutte le sue dimensioni. Modelli come quelli che sono stati analizzati nell’elaborato associano alla dimensione economica nuove finalità, soprattutto di tipo sociale, e si pongono come opportunità di rilancio e/o sviluppo, facendo del “locale”, in senso lato, il proprio punto di forza.
In un’ottica tale, appare possibile considerare le proposte di turismo community-oriented come un punto di incontro tra le nuove preferenze dei turisti e la necessità di innovazione sociale.
Per quanto concerne invece il confronto tra AD e CBT, fattori quali la dimensione esperienziale, la sostenibilità, il coinvolgimento della comunità, l’autenticità e, più in generale, la valenza sociale della proposta, appare possibile considerare l’Albergo Diffuso un modello in linea con lo scenario delineato.
All’interno di quest’ultimo, il turismo deve essere integrato in modo complementare alle altre attività presenti in un determinato territorio, in un’ottica di unitarietà e deve essere presa in considerazione la minaccia della gentrification. È necessario implementare un sistema turistico che non sia troppo incentrato sui viaggiatori e troppo poco sulle comunità locali, al fine di non perdere di vista le priorità alla base del progetto. Sia nel CBT che nei progetti di AD l’offerta ricettiva si presenta come equilibrata e diffusa, ed in grado di creare benefici estesi e bilanciati per la comunità ospitante. Se però nel CBT l’ospitalità si basa principalmente su abitazioni locals, la proposta dell’Albergo Diffuso prevede un’offerta in cui gli edifici recuperati ed adibiti all’ospitalità, pur presentandosi come vere e proprie abitazioni locali, sono comunque pensati e predisposti esclusivamente per i turisti. In realtà, in ragione sia del fatto che, come è stato sottolineato nel corso del terzo capitolo, non esiste una normativa comune ed uniforme a definizione del modello dell’AD, sia per via dell’esistenza di una moltitudine di iniziative riconducibili per diversi aspetti allo stesso, non si è ritenuto corretto escludere la possibilità che, dal punto di vista dell’accoglienza così come appena descritta, alcune realtà di AD si avvicinino in misura maggiore alla proposta del CBT rispetto ad altre. Questo punto ha lasciato un ulteriore interrogativo riguardo la questione della proprietà, più o meno collettiva, degli immobili componenti l’offerta ricettiva dell’Albergo Diffuso, che non sempre appare ben definita. Non è infatti certo che esista un’unica modalità per quanto concerne questo aspetto e viste le importanti ripercussioni che lo stesso può avere su quelli che sono gli interessi dei singoli proprietari, questo aspetto sembra meritevole di un ulteriore approfondimento.
Altro parallelismo individuato riguarda la modalità di gestione del progetto: l’ottica imprenditoriale, la presenza di uno strumento di pianificazione ed amministrazione del turismo e la scelta consapevole di accogliere flussi turistici di dimensioni ridotte sono caratteristiche comuni ad entrambe le iniziative. Se però nel CBT la gestione risulta essere totalmente collettiva, nelle iniziative di AD la stessa, seppur permeata da sfumature collettive che prevedono l’assegnazione di un ruolo centrale delle comunità locali all’interno dei processi decisionali, risulta essere unitaria.
Le riflessioni sviluppate a conclusione in seguito alla ricerca condotta hanno portato alla conclusione che la proposta dell’Albergo Diffuso possa senza dubbio entrare a far parte di uno scenario turistico come quello attuale, maggiormente orientato verso le dimensioni della responsabilità e sostenibilità. Nonostante quest’ultima sia geograficamente distante rispetto ai progetti di CBT in senso stretto, entrambe le iniziative si presentano come potenzialmente favorevoli nei confronti di un turismo rinnovato ed alternativo. Il fatto che le stesse siano diversificate e distinte, non ha impedito di individuare una radice comune, che pone l’accento su leve nuove, discostandosi dall’importanza quasi totalizzante che, abitualmente, la dimensione economica assume. Quest’ultima viene infatti valorizzata come veicolo in grado di espandere il fenomeno turistico a dimensioni che abbraccino anche finalità di tipo sociale: si tratta certamente si tratta certamente di un carico di potenzialità innovative sullo sfondo di prospettive che nel presente sono ancora fluide. Proprio per questo appaiono meritevoli di ulteriore studio ed approfondimento.
Angela Rizzo