L’influenza culturale dell’Albergo Diffuso

L’influenza culturale dell’albergo diffuso

A fronte di un numero di alberghi diffusi tutto sommato ancora limitato (a livello internazionale sono 130 quelli che hanno tutti i requisiti per essere definiti Alberghi Diffusi, e sono in gran parte in Italia), l’influenza culturale del modello dell’albergo diffuso è invece enorme!

Avevo già avuto l’ impressione che l’influenza culturale di questo modello di ospitalità diffusa fosse più grande della sua realtà effettiva, quando cominciarono ad uscire articoli sulla stampa, ancor prima che fossi riuscito a trovare il primo gestore interessato a sperimentare questa formula gestionale!

Eravamo negli anni ’80, molti anni prima della prima legge che ha autorizzato la nascita degli alberghi diffusi (Sardegna, 1998), e naturalmente molti anni prima della nascita di un vero Albergo Diffuso.

Ma oggi gli articoli pubblicati sull’Albergo Diffuso sono migliaia, e sono moltissimi anche quelli pubblicati dalle riviste internazionali in particolare dopo l’articolo apparso sul New York Times, nel 2010, e in concomitanza con l’avvio del progetto di internazionalizzazione degli AD.

Naturalmente l’influenza culturale non è relativa solo alla rassegna stampa, né al numero di pubblicazioni, studi, ricerche e tesi sull’argomento (diverse centinaia), né ai convegni o ai progetti, che sono così tanti che io stesso fatico a raccoglierli.

L’influenza dell’albergo diffuso è oggi visibile soprattutto nella sua capacità di contagiare diverse forme di ospitalità!

Proviamo a pensare a quante sono le strutture ricettive, che magari assomigliano solo in parte all’Albergo Diffuso, o che più o meno esplicitamente ad esso fanno riferimento, perché dal modello dell’AD hanno ripreso i temi dell’utilizzo sostenibile di case vuote per offrire servizi alberghieri agli ospiti, oppure perché mettono in rete l’esistente, così da creare nuovi sistemi di offerta ospitale e turistica, o perché considerano i borghi come la nuova frontiera del turismo sostenibile, e propongono non tanto camere dove dormire, quanto l’esperienza “going local”, per rivitalizzare i piccoli centri.

Sono centinaia i progetti di ospitalità diffusa, spesso con nomi “sui generis”: borgo diffuso (sic!), ostello diffuso, residence diffuso, hotel diffuso, diffused hotel, deconstructed hotel, Difuzni hotel, paese albergo…

Più in generale sono sempre di più gli esempi di ospitalità che dell’AD – non riuscendo a mutuarne i servizi – riprendono la filosofia gestionale, una filosofia cioè che si oppone a quella dello standard che si basa su procedure asettiche, che rendono le esperienze di soggiorno in hotel uguali in tutto il mondo.

Infine l’albergo diffuso – unico modello di ospitalità interamente italiano – ha contribuito a dare un’immagine nuova e diversa dei piccoli centri sia ai turisti che ai residenti: quella della nuova frontiera dell’ospitalità che non crea impatto sociale, tantomeno ambientale, che affonda le radici nella cultura di un luogo, e che risponde al bisogno più profondo di chi va in vacanza, quello dell’autenticità.

Giancarlo Dall’Ara

 

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