Una Terra fatta d’acqua: Strategie e Prospettive del Piano di Sviluppo Locale della Lomellina
Autore/Autrice: Loredana Longo
Anno accademico: 2009-2010
Università: Piemonte Orientale, Alessandria
Email: lore.longo@gmail.com
Abstract
Il Piano di Sviluppo locale della Lomellina è uno strumento strategico che rientra nella categoria dei Programmi territoriali complessi. Questi strumenti risultano importanti in quanto possono potenzialmente garantire uno sviluppo sostenibile che non intacchi la vocazione prettamente agricola del luogo e che, allo stesso tempo, permetta di farlo conoscere a livello nazionale ed internazionale attirando le risorse utili a valorizzarlo e tutelarlo. In seguito alla globalizzazione dei mercati, infatti questo territorio ha perso competitività nel settore agricolo e industriale. Il turismo rurale appare, quindi, uno strumento utile per valorizzare la Lomellina e il suo patrimonio artistico- culturale e naturale che sembra attrarre il “nuovo” turista, affascinato dal mondo rurale. Con questo lavoro di ricerca si è voluta mettere in luce una potenziale “leva” dello sviluppo locale sostenibile, non prevista dal Piano di Sviluppo Locale della Lomellina: la creazione di Alberghi diffusi sul territorio.[1] L’Albergo diffuso, oltre a rivelarsi una formula di ospitalità innovativa e alternativa a quella tradizionale, si rivela, come dimostrano i dati raccolti, sempre più spesso uno strumento per la gestione strategica del territorio. I fini principali di un Albergo diffuso, infatti, sono: il recupero e la ristrutturazione del patrimonio edilizio locale non più utilizzato, al fine di adibirlo all’ospitalità, trasformandolo in piccole strutture ricettive di qualità e di pregio. Tutto ciò potrebbe rappresentare un’ottima opportunità di sviluppo per questo territorio, dal momento che implicherebbe il recupero di edifici di pregio (ad esempio, ville, castelli e cascine) dando loro una destinazione d’uso turistico – alberghiera, evitando nuove costruzioni e, di conseguenza un inutile consumo di suolo, e creando opportunità lavorative sul territorio. L’introduzione di Alberghi diffusi potrebbe presentarsi come un’ottima opportunità di sviluppo locale e di incentivazione di nuove forme di turismo attente alle proposte e alle peculiarità territoriali. L’idea di un Albergo diffuso, radicato alle specificità del territorio, insieme ad altri investimenti di natura materiale (reti di comunicazione fisiche e telematiche) e immateriale (marketing territoriale) che valorizzino il patrimonio edilizio pubblico e privato (parzialmente o totalmente inutilizzato) potrebbe far rivivere, con il coinvolgimento degli abitanti, questi centri che rischiano lo spopolamento. Con questo elaborato si intende però inoltre dimostrare che il modello di AD non può essere esportato nella sua concezione tradizionale ovunque ma deve essere adattato alle caratteristiche del territorio su cui si andrà ad insediare. Nel caso della Lomellina, si ritiene che un AD di tipo tradizionale potrebbe essere realizzato solo in alcune limitate aree. L’albergo diffuso tradizionale, infatti, consiste in una struttura ricettiva unitaria le cui componenti sono dislocate in immobili diversi, localizzati in più nuclei di uno stesso comune o di più comuni limitrofi (in questo caso sarebbe meglio definirlo con il nome di Paese diffuso). Questa soluzione si rivelerebbe ideale solo per i piccoli centri lomellini con zone agricole di interesse ambientale e architettonico, che intendono tutelare le proprie specificità, che possiedono tutti i servizi e una “vitalità urbana”.
La Lomellina, però, è formata soprattutto da Comuni di piccole dimensioni (sotto i 1000 abitanti) e con pochi esigui servizi che spingono i giovani verso i centri più grandi dove possono reperire maggiori opportunità, specie a livello lavorativo. Queste caratteristiche comportano almeno due conseguenze: in primis, i paesi della Lomellina diventano semplici dormitori alle porte dei grandi centri come Pavia, Vigevano e Milano; in secondo luogo, i costi per i continui spostamenti da sostenere fanno sì che si assista ad un forte spopolamento di questi bellissimi piccoli borghi a livello architettonico, privi delle “comodità” basilari necessarie. L’altra particolarità della Lomellina è che in ogni Comune esistono una o più strutture di pregio: ad esempio cascine, castelli e ville che purtroppo i proprietari non riescono a mantenere in perfetta condizione, a causa delle dispendiose opere di manutenzione che vi andrebbero apportate. A tal proposito, quindi, il Piano di sviluppo locale della Lomellina potrebbe rivelarsi un ottimo strumento di valorizzazione sostenibile del territorio ma, si ritiene che nei paesi più piccoli la forma di Albergo diffuso tradizionale o di Paese diffuso non funzionerebbe proprio per la mancanza di servizi e di vitalità dei luoghi. È convinzione, invece, che la Lomellina sia adatta alla nuova forma di Albergo diffuso: quello di campagna. Non avendo trovato una definizione di questa forma di ospitalità, si definisce l’Albergo diffuso di campagna come un Albergo diffuso creato in una struttura (come ad esempio una cascina, un castello, un’abbazia) che, seppur isolata perché distante più di 400m dal paese, ha in sé la possibilità di fornire diversi tipi di servizi e di abitazioni (ad esempio una cascina possiede gli alloggi per i mungitori o per le mondine, le stalle, gli alloggi del padrone etc.) che ristrutturati secondo lo stile tradizionale del luogo, darebbero l’idea di un piccolo borgo. Una struttura simile non avrebbe nulla a che vedere con un agriturismo o un B&B perché, anche se da esso distinto, sarebbe tenuta a rispettare le caratteristiche dell’Albergo diffuso tradizionale ovvero:
- La localizzazione in un luogo piccolo, ma con tutti i servizi di base funzionanti e soprattutto con la presenza della comunità ospitante dotata di spirito di appartenenza e cultura dell’accoglienza;
- La disponibilità di alcuni edifici non abitati, adatti ad una ristrutturazione a fini turistici;
- L’offerta di servizi alberghieri per tutti gli ospiti alloggiati nei diversi edifici che lo compongono;
- La presenza di una gestione unitaria cioè una gestione che fa capo ad un unico soggetto per la fornitura sia dei servizi principali, relativi all’alloggio, sia degli ulteriori servizi forniti;
- La necessità di una gestione professionale non standard, ma flessibile e dinamica in grado di personalizzare i servizi;
- La possibilità di localizzare le strutture centrali per l’accoglienza in posizione centrale rispetto alle camere e comunque vicine e facilmente accessibili, prevedendo una distanza massima tra gli immobili tale da non impedire di offrire a tutti gli ospiti i normali servizi alberghieri (la distanza può variare tra i 200 e i 500m);
- Il bisogno di uno stile riconoscibile, che si basi sulle tradizioni e la cultura e l’identità del territorio.
A queste caratteristiche, se ne aggiunge una che è quella che distingue l’ospitalità diffusa dalle altre forme: un luogo centrale, animato anche da punti di vendita, che diventi un spazio di incontro dove scambiarsi informazioni su itinerari e percorsi; un luogo in cui i musei sono centri relazionali; gli uffici informazioni luoghi di promozione del territorio che lo facciano apparire famigliare al turista; i centri storici luoghi da vivere in toto e non semplici palcoscenici o, come direbbe Marc Augé (2005), “non luog
[1] “L’Albergo Diffuso è indubbiamente un nuovo modello di ospitalità originale e di tendenza, che risponde perfettamente alle esigenze della nuova generazione di turisti, che offre il meglio dell’ospitalità in casa (l’autenticità), e il meglio dell’ospitalità in albergo garantendo a tutti gli ospiti i normali servizi alberghieri, dal nucleo centrale costituito dal pernottamento a tutti i servizi accessori (assistenza, spazi comuni servizi ecc.), e che ha le radici nella cultura ospitale del nostro paese” (Giancarlo Dall’Ara 2007).