L’Albergo Diffuso nella tesi di Laurea di Ilenia Atzori
“Ricomincio Slow: turismo e tradizioni in Trexenta” è un progetto che illustra un itinerario turistico tra le necropoli della Trexenta, corredato da una proposta per un modello di ospitalità, a basso impatto ambientale, quale l’Albergo Diffuso.
La Trexenta è una delle 29 sub-regioni in cui è suddivisa la Sardegna, e si trova nella parte meridionale dell’Isola, a ridosso della pianura del Campidano. Fa capo alla Provincia di Cagliari ed il suo capoluogo ideale, oltre che mio Comune di residenza, è Senorbì. Qui, da diverse generazioni, si cresce nella convinzione che in paese non ci sia nulla: lavoro, futuro, possibilità. Tuttavia, essendo consapevole delle risorse del mio paese e del mio territorio, ho cercato di dimostrare il contrario, provando a rispondere alla domanda: “E’ possibile che Senorbì abbia le potenzialità per diventare una meta turistica?”.
Ho voluto dividere l’elaborato in tre parti, seguite dalle Conclusioni e da un’Appendice, nella quale ho chiesto ad un architetto se si potesse restaurare un’abitazione con struttura muraria in mattone crudo: Senorbì, e tutta la Trexenta, contano numerose abitazioni abbandonate, che sarebbe possibile recuperare per dar vita ad un Albergo Diffuso che rappresenti la nostra tipicità costruttiva.
Nella prima parte ho verificato di quali risorse archeologiche disponesse il territorio, ponendomi come limite un arco temporale tra l’età pre-nuragica (IV millennio a.C.) e l’Editto di Tessalonica, che conferì al Cristianesimo lo status di religione ufficiale dell’Impero Romano (Teodosio I, 380 d.C.). Nella seconda, ho seguito l’evoluzione della Trexenta nel riflesso della storia e dello sviluppo di Senorbì, come se si analizzasse al microscopio il dettaglio di un elemento più ampio.
Nella terza parte, viene presentato il progetto vero e proprio:
- l’itinerario: si compone di cinque tappe, tre delle quali in Trexenta, che vengono presentate per prime. Si procede per tipologia sepolcrale e relativi rituali, per poi spiegare quale parte della Trexenta ne conservi delle testimonianze. Ci sono anche due tappe esterne, che completano il quadro cronologico ed architettonico, suggerendo una rete tra la Trexenta ed i territori limitrofi;
- l’Albergo Diffuso: partendo dall’idea che il turismo culturale coinvolga tutti gli aspetti di un territorio, non ritenevo completo il mio lavoro senza un modello di ospitalità che ci rappresentasse.
Un percorso come questo sarebbe fattibile nell’arco di una sola giornata. Ma cosa resterebbe al visitatore ed alla comunità locale, se davvero questa escursione venisse effettuata così velocemente? Probabilmente nulla, ed ogni sforzo di valorizzazione del territorio e del suo patrimonio risulterebbe vano. Come ho più volte sostenuto, il turismo è un fenomeno sociale, fatto dalle persone per le persone; è consapevolezza delle proprie risorse e del proprio valore; è un meccanismo complesso del quale tutti facciamo parte. E col termine “tutti” intendo anche le generazioni future, che dovranno poter godere e fruire delle stesse risorse di cui disponiamo noi, oggi. Per questo motivo, ho pensato che un percorso come questo dovrebbe inserirsi in un programma Slow Tour, a sostegno del turismo lento, che permetta, cioè, di entrare davvero nei luoghi e nelle comunità per conoscerne storia, cultura, tradizioni e gastronomia, un turismo che rispetti le diversità e le consideri delle risorse, che rispetti l’ambiente e non permetta di far spazio al cemento: nonostante il percorso da me ideato sia attinente l’archeologia, ciò che si offre davvero al visitatore non è solo la necropoli prenuragica, nuragica, punica o romana, ma l’intero contesto ambientale nel quale questa è inserita. Ed è per tutte queste ragioni che ho pensato all’Albergo Diffuso come forma di ospitalità che valorizzi il nostro percorso, che non ritenevo completo senza una realistica proposta ricettiva.
Per spiegare cosa si intenda per Albergo Diffuso, utilizzerò le parole del Prof. Giancarlo Dall’Ara, suo ideatore: si tratta di una proposta che nasce per offrire al visitatore un’esperienza di vita all’interno di un centro storico, in una città o un paese, potendo contare su servizi alberghieri come accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni, alloggiando in camere o case che distino non più di 200 metri dallo stabile nel quale sono situati reception, ambienti comuni e area ristoro. Per le sue caratteristiche, l’Albergo Diffuso non crea, quindi, impatto ambientale, perché non è necessario costruire alcuna nuova struttura per realizzarlo: è sufficiente recuperare, ristrutturare e mettere in rete ciò di cui già si dispone.
In merito alle possibilità di sviluppo offerte, ed alla sua tutela, è importante sottolineare che l’albero Diffuso è a tutti gli effetti una rete (una rete di case, una rete di fornitori, una filiera di prodotti e servizi); un “animatore” del borgo, soprattutto quando il borgo o il centro storico ha poca presenza di organizzazioni culturali o del volontariato, che propongano agli ospiti e ai residenti mercatini, serate culturali, feste; un presidio sociale, anche in questo caso soprattutto nei borghi in via di spopolamento. Un Albergo Diffuso con il lampione e l’insegna accesi di notte, e in inverno, è a tutti gli effetti un presidio. Inoltre, stimola la nascita di attività commerciali e artigianali; “vende” non tanto camere, quanto un territorio, un intero borgo, o meglio il suo stile di vita. E dover vendere un borgo significa doversene far carico, e incidere sul suo sviluppo, frenando lo spopolamento dei borghi, e migliorandone – con l’arrivo di turisti – lo stile di vita;
Un Comune non deve gestire un Albergo Diffuso, ma può e, anzi, deve sensibilizzare la comunità locale all’accoglienza, deve stimolare la nascita di reti, può mettere a disposizione case, e se l’Albergo Diffuso esiste già, deve garantire un arredo urbano (che è la hall esterna dell’albergo diffuso) di qualità. Viceversa il gestore dell’Albergo Diffuso deve fare la propria parte per lo sviluppo di tutto il borgo e cioè anche delle altre attività, perché l’Albergo Diffuso è una attività che funziona se è corale.
L’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi è una associazione no profit, basata sul volontariato. Investe tutte le quote sociali in comunicazione e promozione, ed ha come compiti principali la difesa del modello dell’Albergo Diffuso dagli abusi (per evitare di fare la fine degli agriturismo, diventati a volte ristoranti, oppure relais, o pizzerie), la sua valorizzazione e la diffusione del modello in altri paesi.
Il centro storico di Senorbì possiede abitazioni attualmente in disuso, che corrispondono alla tipologia con muratura in làdini, di cui abbiamo accennato. Tra esse, ne ho individuate tre che potrebbero rientrare nel progetto, a prescindere dagli aspetti più burocratici, la cui distanza da un’ideale reception non supererebbe i 200 metri. L’idea dell’Albergo Diffuso, perciò, sul piano teorico, sarebbe fattibile.
Sono fermamente convinta che alla base della scelta di un percorso come questo debbano esserci curiosità e sete di conoscenza, caratteristiche che non si acquisiscono con l’età o l’esperienza, perciò risulta difficile definire un profilo preciso del nostro turista-tipo. A questo punto, mi si potrebbe rimproverare di non avere le idee ben chiare sul target e che il percorso sembri piuttosto settoriale, ma risponderei che ciò che intendo offrire non è l’archeologia funeraria in sé, ma un’esperienza totale, attraverso di essa, all’interno di un territorio decisamente sottovalutato e dalle infinite potenzialità. E che, ne sono certa, lascerà in voi un ricordo indelebile.